Allarmi e incursioni a Genova 1940 / 1945

Il giorno 25 aprile 1945, alle ore 15.30, vi fu l' ultima incursione aerea su Genova, il bombardamento, privo di preallarme, avvenne nella Via Struppa, in Località Prato, e causò la morte di numerosi civili. Non si identificò la nazionalità degli incursori, nè il numero preciso degli aerei che presero parte all'inutile strage.
La segnalazione del fatto venne redatta dall'allora brigadiere Giulio Ratto, della Sezione VV.UU. Doria 15a, nella stessa, il sottufficiale parla di tre aerei di nazionalità sconosciuta, che sganciarono quattro bombe dirrompenti: una delle quali rimase inesplosa. Due finirono sul piano stradale interessando i civici 109-111-113 della Via Struppa e le numerose persone che che in quel momento si trovavavo sulla strada o in quelle abitazioni. I primi soccorsi vennero prestati da partigiani che scendendo dai monti, percorrevano quelle strade diretti alla città. Dopo questa succinta descrizione, elenca i nominativi delle persone decedute e dei feriti.

Di questo fatto se ne è ultimamente interessato un giornale locale "Valbisagno News"
(Riportiamo i due articoli inerenti quanto sopra)

Valbisagno News Notiziario n° 2 Luglio 2001

L' episodio del bombardamento aereo di Prato, avvenuto il 25 aprile 1945 rimane ancora oggi un fatto misterioso. Non esistendo testimonianze scritte, dobbiamo affidarci a racconti di testimoni oculari, tramandati per lo più ai figli o ai parenti più prossimi.
Quello che e certo e che perirono 17 persone e due, forse tre, riportarono ferite; uno di questi in seguito perì all'ospedale di Pammatone. La prima volta che ne sentii parlare avevo 8 o 9 anni: dal pulpito della Chiesa Nuova di Prato, il Prevosto, Mons.Settimo Lazzari, rievocò l'episodio. Tornato a casa chiesi spiegazioni alla mamma e solo allora appresi che lo zio fu proprio uno dei feriti superstiti, in quanto, alcune schegge, lo avevano colpito al volto. Un pò di tempo dopo dovette ricorrere alla chirurgia plastica presso una clinica milanese. Dalle succitate testimonianze, del Parroco, della mamma ed in seguito da altre persone, i fatti dopo dovettero svolgersi nel modo seguente: Nel primo pomeriggio di quel 25 Aprile, un grosso autocarro cassonato, dal quale erano appena scesi una ventina di partigiani, rientrati in città, dopo mesi di combattimenti in montagna, stazionava su di un lato del rettifilo di Prato, più o meno all'altezza dell'attuale distributore di carburanti della Soc. IP (ma Ie testimonianze sembrano contrastanti: infatti alcuni sostengono che l'autocarro era fermo in quel punto il giorno o i giorni prima dell'awenimento). nel greto del torrente Bisagno alcune ragazzine esultanti gridavano "Viva i Partigiani; improwisamente si senti il rombo di un aereo e se ne intravide la sagoma proveniente da sud; pur non identificando l'aereo, per istinto, come se già sapessero quello che stava per succedere, quelle ragazzine smisero di esultare; l'aereo, che aveva cominciato a sparare colpi di mitraglia, già dalla località Doria lungo tutto il suo percorso, sganciava il micidiale ordigno, su una costru-zione dove veniva venduto il carbone, che si trovava proprio dove ora e ubicato il già citato distributore IP, subito si levo un polverone nero, poi fiamme, urla di persone, bambini che scappavano per ogni dove; poi quando tutto questo si placo, i primi ad accorrere ebbero la visione di uno strazio immane; corpi dilaniati dalle schegge, altri rimasti sotto Ie macerie, il corpo di un uomo avvolto nella serranda di un negozio, si trattava di Tiglio "u carbune" un altro uomo lo zio, correva forse verso casa, irriconoscibile in volto, coperto di sangue. Fu chiamato don Lazzari, il giovane Parroco, che, con l'aiuto di alcuni volontari, delimitò la zona con mezzi di fortuna, provvide a far portare i feriti all'ospedale e fece caricare i corpi dilaniati delle vittime irriconoscibili, su di un carro, dopo aver impartito loro l'ultima benedizione; In seguito questi corpi vennero ricomposti, come meglio si poteva fu cosi che furono riconosciute Ie vittime. Questi i fatti. Oggi, a distanza di 56 anni, ancora ci domandiamo perché quelI'aereo bombardò Prato, mentre a pochi chilometri di distanza, "a Genova", come si diceva allora per indicare il centro città. Ie truppe tedesche di stanza in città, firmavano la resa incondizionata ai partigiani del CNL ? Non sappiamo dare una risposta, anche se nel corso degli anni furono formulate varie ipotesi, comunque mai provate. In ogni caso ci sembrerebbe giusto chiedere che a questo episodio sia data la dignità che merita nella storia. Certamente viene ricordato dai parenti delle vittime, ma queste vittime appartengono alla storia e andrebbero da tutti ricordate. Commemoriamo i nostri concittadini morti, senza una logica ragione, proprio sul finire di una tragica guerra che già aveva causato loro lutti, fame e miseria.

Chiunque avesse notizie circa I'episodio narrato e volesse portare la sua testimonianza, può farlo scrivendo all'Associazione GAU, Redazione Giornale, Via Struppa n. 27 - 16165 Genova.

Francesco Ricci Degli Ultimi


Valbisagno News Notiziario n° 4 Marzo 2002

Nel numero 2 del nostro notiziario, del 02.07.2001, scrissi a proposito del bombardamento aereo di Prato, avvenuto il 25 Aprile 1945. Nei giorni successivi alla pubblicazione, ricevetti altre testimonianze orali che confermavano i dati in mio possesso sulla vicenda ed una testimonianza scritta della gentilissima signora Matilde Favero ved. Castello, che con il suo consenso pubblichiamo, qui di seguito, integralmente. Prima però vorrei ricordare che la redazione del nostro giornale e a disposizione di chiunque avesse ancora qualcosa da dire sul fatto in argomento; informo inoltre che è in corso un lavoro di ricerca storica, che comprende la consultazione degli archivi dei giornali cittadini dell'epoca, dell'ufficio stato civile del Comune di Genova e delle Forze di Polizia, il cui esito verrà riferito nel prossimo numero.

Francesco Ricci Degli Ultimi

Spett.le Associazione G.A.U. Redazione Giornale.

Ho avuto in omaggio dal mio giornalaio una copia del Vostro giornale, leggendolo, con commozione ho rivissuto i tristi momenti del bombardamento di Prato del 25 Aprile 1945. Avevo 22 anni, a casa assente dal lavoro, perché il giorno 24 Aprile ci dissero di andare a casa perché i tedeschi fuggivano e non volevano che ci succedesse qualche disgrazia. Da Molassana a Prato, a piedi perché i tram non andavano, incontrammo tanti tedeschi, armati fino ai denti, non ci dissero niente, ma ci guardavano con odio. lo e le mie amiche eravamo contente perché pensavamo che ormai la liberazione era vicina, e tanti cari sarebbero tornati a casa finalmente liberi. L'indomani andai dalla mia amica Laura Calvelli che abitava vicino a noi, era il 25 Aprile dai monti scendevano tanti partigiani e Laura sperava che tra essi ci sarebbero stati anche i suoi fratelli. Andammo a sedere sul muretto all'inizio del viale che porta al Ponte della Paglia, i partigiani passavano numerosi e Laura chiedeva a qualcuno di loro se avessero visto i suoi due fratelli; le dissero che forse erano passati per I'acquedotto. A Laura veniva in mente che doveva andare a Cavassolo per ritirare del macinato; andammo. Al ritorno, il sacchetto di farina pesava, ci sedemmo proprio di fronte al distributore di benzina del signor Ferro (egli e la moglie morirono nella strage). In cielo un aereo volteggiava, dissi a Laura: "anche lui fa festa !" Non so quanto tempo passò, un minuto, cinque minuti forse, quell'aereo mi mise addosso come un presentimento: "Laura andiamo via, vieni presto!!". Appena varcata la soglia della sua casa, udimmo un terribile boato e fummo avvolte da un gran polverone che non ci faceva respirare e vedere; il sibilo dei proiettili delle mitragliatrici si univano alle urla della gente; sentivo la mamma che mi chiamava sapendo che ero da Laura. A mani aperte, annaspando trovai la porta; non si vedeva niente, pensai che la scala fosse crollata, tornai indietro e sempre a tentoni raggiunsi la finestra della cucina che dava sul cortile. Era troppo alto, mi sarei uccisa; tornai indietro, malgrado che Laura e famiglia mi gridavano: "non farlo, aspetta !", varcai la porta e sperando nella buona sorte riuscii a scendere e correre su per salita Scaglie; i proiettili mi sibilavano attorno, un miracolo! In via Ca di Musa, a casa, riabbracciai i miei cari. E' passato tanto tempo, 56 anni, io non ho mai dimenticato. Povere vittime. Le conoscevo quasi tutte, a loro va il mio pensiero più caro. II destino volle salvarci, ma noi dobbiamo lottare per conservare un bene prezioso: la Pace. Vogliamoci bene l'un l'altro, la vita e cosi breve, aiutiamo quanti soffrono la fame, le guerre, le malattie. Vi sono grata per questa testimonianza. Buon lavoro.
Con osservanza.

Matilde Favero ved. Castello